Il ricordo di Francesco “Ciccio” Graziani

Francesco Graziani è stato uno dei tanti “figli” sportivi di Nardino Previdi. Ciccio, attaccante generoso e prolifico, con Bruno Conti e Carlo Ancelotti in particolare, era qualcosa di più di un giocatore: era una persona con la quale Nardino amava confrontarsi, il cui rapporto è andato ben oltre il lato sportivo, uno di famiglia per i Previdi. Nardino e Graziani si sono conosciuti per telefono, un giorno di primavera del 1983 e per quasi trent’anni non è passata settimana che i due non si sentissero e, quando avevano la possibilità, si vedessero. Due buoni amici, ma con un “non detto” insuperabile: c’era sempre il “lei” di Graziani ed il “tu” del grande dg, nelle loro conersazioni.

“Era il 1983 ed io non me la passavo granché bene alla Fiorentina – ricorda Graziani – L’anno prima avevamo vinto il titolo Mondiale in Spagna, ma quella stagione in Toscana non era stata delle migliori per me. Furono allora Roberto Pruzzo e Bruno Conti a chiedermi, durante un ritiro con la Nazionale, se mi fosse mai piaciuto raggiungerli alla Roma. Io dissi loro che per me sarebbe stata una soluzione ottima. Fu durante quel ritiro, ad Asti, che mi raggiunse la telefonata di Nardino. Mi chiese se fossi disponibile a giocare nella Roma e che sia Liedholm che Viola sarebbero stati entusiasti di avermi fra loro. Gli risposi che per me sarebbe stato un onore ma che, essendo impegnato in Nazionale e poi dovendo partire con la Fiorentina per una tournee in Svezia avrei, dovuto posticipare l’incontro con lui almeno di una decina di giorni. Nardino fu più concreto e disse: “Vengo io da te, domani”. E fu così che ci conoscemmo, sedemmo attorno ad un tavolo ed in poco tempo trovammo l’accordo per un biennale. Ma Previdi non aveva con se la carta intestata o i documenti e rilanciò: “Io sono un galantuomo e per me la stretta di mano vale una firma. Mi fido di te, non vorrei fare brutte figure con il presidente Viola”. Lo rassicurai e dieci giorni dopo ci rivedemmo per la firma. Anche per il rinnovo (di un anno, ndr) fece tutto lui, e pure in fretta. Gli devo molto, a cominciare da quegli episodi”.

Poi c’è stata una seconda puntata, quattro anni più tardi il suo addio ai giallorossi: “Avevo finito di giocare da poco, ero come si dice a spasso. Nardino mi chiamò e mi chiese cosa volessi fare da grande. Lui era approdato alla Fiorentina, la mia vecchia squadra. Voglio fare il dirigente, gli risposi. Ma Nardino mi stoppò: “No, tu devi fare l’allenatore, la nostra squadra è giovane (fra questi c’erano Baggio, Dunga, Iachini, Pioli, Dertycia e Battistini, ndr) ed abbiamo bisogno di uno come te”. Cominciai da lì la mia seconda vita, quella del tecnico. Lo ringrazio ancora”. I due non si sono mai persi di vista: “La settimana prima della sua scomparsa gli ho telefonato, volevo passare a trovarlo. Mi disse di aspettare qualche giorno, che non stava così bene. Non ce n’è stato il tempo e ancora mi rammarico. E’ giusto ricordare Nardino Previdi con una manifestazione come questo torneo: lui i giovani li scopriva e li faceva diventare adulti. Per non abbandonarli mai”.

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